Intervista doppia ai cantanti dei Matriàl dopo l'ottimo lancio de L'Isola
Intervista a Mattia Campanaro di Francisco Panteghini
1. Perchè “Matriàl”? Che senso ha questa parola?
Matriàl è un acronimo nato una decina di anni fa dei fondatori del progetto: Mattia, Riccardo e Alessandro. Riccardo ha poi preso altre strade e è entrato prima come collaboratore e poi come pilastro Cristiano Veronese.
2.Chi segue la parte propriamente musicale?
Alessandro Donin è il chitarrista ma anche il produttore, ha scritto le armonie. Sua è la struttura portante, gli arrangiamenti e la musica.
3. Il rap di Cristiano Veronese e il tuo pop si sposano bene? E' una formula già sperimentata in “Più veloci”, la ripeterete?
Questa contaminazione è capitata per caso. Matriàl faceva Pop. Per gioco abbiamo creato con Cristiano nel 2014 “Solo un'occasione” sviluppando un video a 360° (vedilo). Da lì ci siamo tenuti in contatto e “Più veloci” è nato spontaneamente portando Cristiano a pieno titolo nel gruppo. Siamo stati presi dal lavoro e dalla vita ma finalmente oggi siamo pronti a portare avanti il progetto.
4.Nel ritornello, che hai scritto tu, si paragona la laguna a uno “specchio dell'anima”? Ricorre la parola Cuore? Tu che senso dai a queste parole? In cosa credi?
Quando ho scritto quei versi meditavo da chioggiotto sul posto in cui viviamo. Non dico che sia un angolo di paradiso ma ha una sua anima da preservare, unica come unica è la laguna. Riflette noi stessi, è qualcosa di raro, di delicato. E' una bella metafora: interiorizza la laguna come fosse un'anima. Questa canzone per tutti noi è stato un gesto d'amore.
5.Secondo te Chioggia ha uno “spiritus loci”? Un vero e proprio spirito con cui devi fare i conti per viverci?
Credo che questa città abbia uno spirito molto vivo, antichissimo. Con punti di forza e punti di debolezza. Ha una forza e un'umanità che ho visto poche volte. Chioggia ha uno spirito fortissimo e contraddittorio. L'unico punto che riesco ad associargli per la vitalità, l'ironia e la religiosità è Napoli. Chioggia è in Veneto ma è un “a parte”: ha il suo accento unico, i detti, è unica. Forse con Napoli condivide l'essere “mediterranea” piuttosto che essere “meridionale”.
6.Dal prossimo album, che sappiamo essere in lavorazione, cosa puoi raccontare?
Cosa bolle in pentola? Vogliamo dare il nostro contributo in questo momento difficile con canzoni semplici che tocchino le emozioni di base. Vogliamo parlare di valori veri, genuini, senza cadere nel melenso. Musica come punto di partenza per tornare a sognare: amore, lotta contro i pregiudizi, cose umane che ci affascinano, sentimenti.
7.Quanto ha contribuito la comune esperienza teatrale in questa produzione?
Questa canzone non sarebbe nata così viva senza l'esperienza del Teatro Novo di Chioggia. Nelle Baruffe Chiozzotte di Goldoni vien fuori la grandezza di questo popolo umile ma orgoglioso. C'è la dignità del popolo chioggiotto, parola che ho voluto mettere nella canzone. Il teatro è stato proprio una chiave di volta, hai visto bene, soprattutto grazie all'epoca di Giuliano Soncin. Purtroppo a livello popolare le Baruffe vengono ridotte a macchietta, con accezione negativa e folclore: dietro c'è un'umanità che è ancora attualissima.
Intervista a Cristiano Veronese di Francisco Panteghini
1. Cristiano tu sei l'autore del testo?
Io ho scritto una parte del testo e ho spinto Mattia ha scrivere il ritornello. Alla fine ne è nato un testo a quattro mani.
2.Perchè “la mia città” non viene mai chiamata per nome?
Volevo lasciare un tocco magico, meno serioso. L'ho chiamata l'Isola perché nell'immaginario rappresenta qualcosa di diverso, uno stacco dal quotidiano, senza periferie, palazzoni e strade trafficate.
3. Una domanda sulla lingua: tu rappi sempre in italiano? Non sarebbe stato utile inserire anche il dialetto?
Ho sempre scritto in italiano. Ammiro chi come i Truma è riuscito a portare il chioggiotto a un livello poetico e profondo. Io preferisco affidarmi all'italiano per temi più profondi. Il dialetto lo uso per giocare con due rime con gli amici. Faccio rap da quando avevo 16 anni e avevo dato vita al gruppo “Casomista” (ascoltali), rap più polemico e urbano, ma da tre anni sono entrato nel gruppo dei Matriàl e filtro maggiormente le esperienze da portare in canzoni.
4. Che ruolo ha avuto il teatro nel vostro lavoro?
Sono cresciuto nel Teatro Novo di Giuliano Soncin che è stato veramente un maestro di vita, sia con la partecipazione alle commedie, guadagnare un ruolo importante. Lì ho incontrato Mattia Campanaro e nelle serata al suo Discanto ho potuto collaborare con Alessandro Donin. Mi ha dato una nuova visione del mondo. Soncin ci ha unito, innegabilmente.
5. Bene, facciamo un salto nel futuro! Il nuovo pezzo è stato lasciato e va molto bene, cosa viene dopo? Un'altra pausa come 3 anni fa o ci sono altri progetti?
Nel futuro c'è un album, stiamo lavorando a 7/8 canzoni da pubblicare su Spotify. Stavolta si lavora per tener vivo l'interesse e pubblicheremo anche pezzi inediti. Il titolo dell'album ancora non si sa… state in ascolto!
6. Nel successo de L'Isola che valore ha il video realizzato da Andrea Storchi?
Con Storchi ci conosciamo da quando avevamo 10 anni, siamo coetanei e giocavamo a calcio in calle. Alessandro Mazzotta del Teatro Novo inoltre è stato un grande aiuto nelle riprese. Storchi è bravo nel creare immagini al computer, ti sbalordisce in pochi attimi. Ognuno ha dato all'Isola un contributo che si è andato ad incastonare perfettamente col lavoro degli altri senza prevaricarlo. In effetti sentire la canzone senza vedere il video è un po' riduttivo, diventa un po' come un tavolo senza una gamba.
7. Rispetto al lavoro “Più veloci” (ascoltalo) cosa è cambiato? In cosa siete maturati?
C'è molta più chiarezza. Io voglio essere un “cantautorapper” e guardo a musiche e testi che hanno segnato la cultura italiana come Battisti e De Andrè. C'è più serietà e professionalità, sappiamo dove vogliamo arrivare. Adesso c'è una rotta, non solo una bella canzone. Ci affideremo per la produzione ad Alessandro Donin e stiamo cercando anche etichette discografiche.
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